La pandemia generata dal COVID-19 ha portato all’imposizione di severe restrizioni che hanno influenzato anche il settore della gestione dei rifiuti. L’Italia del Riciclo fornisce una prima panoramica degli effetti della pandemia sulle diverse filiere

Le elaborazioni dei dati raccolti si basano sui risultati di un'indagine sugli impatti della pandemia sulle attività connesse al riciclo dei rifiuti urbani e speciali in Italia e sulle misure adottate e i possibili sviluppi futuri alla luce del nuovo piano d'azione per l'economia circolare pubblicato dalla Commissione europea a marzo 2020. L'indagine, condotta dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e FISE Unicircular tra settembre e ottobre 2020, è stata rivolta a un campione di 50 soggetti.
Le risposte raccolte riguardano per il 46% le imprese, per il 33% i consorzi di filiera, per l'8% le Utility, per il 3% le associazioni di categoria e per il 10% altri soggetti (studi di consulenza, enti pubblici e autodemolitori) (Figura 1).

Dal punto di vista delle frazioni merceologiche dei rifiuti, nel campione analizzato sono rappresentate le seguenti filiere di gestione:
1. imballaggi in carta e cartone; 2. imballaggi in vetro; 3. imballaggi in plastica; 4. Imballaggi in alluminio; 5. Imballaggi in acciaio; 6. Imballaggi in legno; 7. pneumatici fuori uso; 8. frazione organica; 9. RAEE; 10. rifiuti da spazzamento stradale; 11. veicoli fuori uso; 12. oli minerali esausti; 13. oli e grassi animali e vegetali; 14. solventi.


Andamento delle raccolte differenziate nei primi nove mesi del 2020
Tra gennaio e agosto 2020 il campione intervistato ha raccolto complessivamente circa 4,8 Mt di rifiuti, per lo più urbani o assimilati. Tra marzo e maggio il 53% ha riscontrato riduzioni significative delle raccolte differenziate superiori al 20% rispetto allo stesso periodo del 2019; tra giugno e agosto la quota che riscontra un calo della RD scende sotto il 50% e l'entità del calo si riduce al 10-20% rispetto all'anno precedente.
L'andamento delle raccolte delle singole filiere risulta, tuttavia, diversificato: nel primo bimestre del 2020 era in crescita per gli imballaggi in plastica, carta, vetro, legno e acciaio, per i solventi, gli oli e i grassi animali e vegetali e per i RAEE, mentre erano in leggero calo i conferimenti degli imballaggi in alluminio, in calo le raccolte degli oli minerali usati, degli PFU e del Raggruppamento R5 dei RAEE. Sommando i dati dei primi sei mesi del 2020, compresi quindi circa due mesi di pandemia, si registra rispetto ai primi sei mesi del 2019 un incremento del 5% per i conferimenti al sistema CONAI dei rifiuti d'imballaggio, con un aumento del 2% per i rifiuti d'imballaggio in vetro, del 4% per quelli in plastica, del 10% per carta/cartone e del 14% per acciaio, mentre risultano in calo del 10% i conferimenti degli imballaggi in alluminio e del 5% per il legno. CONAI prevede di chiudere il 2020 con una crescita complessiva dei conferimenti del 5%. Questa crescita è determinata da un buon andamento per tutti gli imballaggi ad eccezione dell'alluminio (-20%) e del legno (-8%) (Tabella 1).
Le quantità raccolte nel primo semestre 2020 subiscono invece riduzioni importanti (maggiori del 10%) per tutte quelle filiere collegate ai conferimenti presso le isole ecologiche (per esempio i RAEE) e quelle legate alle attività industriali e commerciali che hanno dovuto interrompere la loro attività o hanno visto una riduzione delle importazioni (solventi, oli minerali usati, pneumatici fuori uso, oli e grassi animali e vegetali esausti). (Figura 2).
Il rifiuto organico è diminuito di circa il 15% durante il lockdown (aumento del rifiuto domestico ma diminuzione del rifiuto da utenze collettive come mense, ristoranti, pubblici esercizi): equilibrio che si è ristabilito a partire da maggio-giugno con la ripresa di tutte le attività produttive, commerciali, turistiche.
Nel periodo giugno-agosto 2020 le raccolte differenziate tornano a salire grazie alla riapertura delle attività. Si registrano crescite elevate (maggiori del 20%) soprattutto per i RAEE e la carta, mentre la raccolta risulta equivalente a quella degli stessi mesi del 2019 o in leggero aumento per gli oli minerali usati, gli imballaggi in legno e vetro e gli PFU.
Si continuano invece a registrare raccolte inferiori rispetto allo stesso periodo del 2019 per gli oli e grassi animali e vegetali, in lieve riduzione per gli imballaggi in alluminio e per i solventi. Questi ultimi settori sembrano quindi tornare ai valori pre-epidemia più lentamente.
Oltre alle modifiche quantitative, nei mesi di lockdown si sono verificate anche differenze territoriali nella raccolta per il 52% del campione (Figura 3).
Le differenze territoriali sono state rilevate soprattutto dalle Utility e dalle imprese che svolgono la raccolta dei rifiuti urbani: le riduzioni maggiori si sono registrate nei Comuni ad elevata vocazione turistica, per esempio a Venezia tra marzo e maggio la diminuzione della raccolta differenziata è arrivata a -20% su tutto il territorio comunale, con oltre -52% nel solo centro storico della città. Nel periodo tra marzo e maggio, le disomogeneità territoriali hanno interessato anche le diverse filiere legate alle attività industriali e commerciali come i settori degli oli minerali usati e degli oli e grassi animali e vegetali, dei solventi e dei RAEE domestici. Per questi ultimi la percentuale di raccolta sul totale nazionale si è mantenuta costante al 54% nelle Regioni del Nord, al contrario le Regioni del Centro e quelle del Sud e Isole si differenziano rispetto ai dati del 2019. Infatti, mentre lo scorso anno le percentuali di raccolta sul totale nazionale erano molto simili nelle due macro-aree (23% al Centro e 22% al Sud e isole), nel 2020 danno vita a un divario di 5 punti percentuali a favore delle Regioni del Sud e Isole, la cui raccolta si attesta al 25% del totale nazionale, rispetto al 20% del totale nazionale raggiunto dalle Regioni del Centro.
Tutte e tre le macro-aree hanno registrato nel trimestre marzo-maggio 2020 una diminuzione della raccolta rispetto allo stesso periodo del 2019, seppure con percentuali di perdita piuttosto differenti tra loro: il Nord ha registrato -25%, il Centro -33%, il Sud e le Isole -11%. Vi sono differenze tra le tre macro-aree anche in termini di frazioni merceologiche raccolte:
• Raggruppamento 2 (Grandi bianchi: lavatrici, lavastoviglie, forni, piani cottura, ecc.): mentre le Regioni del Nord e quelle del Centro hanno subito un calo nella raccolta rispettivamente del 26% e 25%, le Regioni del Sud e Isole non hanno segnato perdite, ma hanno mantenuto lo stesso quantitativo di raccolta.
• Raggruppamento 3 (Apparecchi con schermi): rispetto al medesimo trimestre del 2019, la raccolta ha registrato -31% nelle Regioni del Nord Italia, -44% nelle Regioni del Centro Italia, -16% nelle Regioni del Sud Italia e Isole.
• Raggruppamento 4 (Piccoli elettrodomestici, elettronica di consumo, apparecchi di illuminazione e altro): mentre le Regioni del Nord e quelle del Sud e Isole hanno registrato un calo del 15%, le Regioni del Centro hanno subito una perdita doppia, che si attesta circa al 31%.
• Raggruppamento 5 (Sorgenti luminose): diminuzione della raccolta più accentuata nelle Regioni del Nord Italia.
Queste differenze territoriali si sono però ridimensionate al termine del periodo di lockdown e non sono state più registrate tra giugno e agosto.
Per gli imballaggi in vetro nel periodo marzo-maggio 2020 il Sud Italia ha rilevato il calo più consistente della raccolta (di poco superiore al 5%), in controtendenza rispetto all'andamento degli ultimi tre anni, in cui le Regioni meridionali avevano evidenziato le migliori performance.
La qualità della raccolta differenziata sembra aver subito gli effetti dell'emergenza da COVID-19 tra marzo e maggio per il 50% dei soggetti che effettuano la raccolta, mentre la situazione è leggermente migliorata nei mesi successivi. Il peggioramento è stato rilevato soprattutto dalle Utility e imprese che effettuano la raccolta dei rifiuti urbani, ma si riscontra anche in alcuni flussi di rifiuti specifici come i rifiuti da imballaggio in alluminio, vetro e plastica (Figura 4).

I trattamenti
Per quanto riguarda le operazioni di trattamento e valorizzazione a valle della raccolta, si sono rilevati rischi di saturazione delle filiere connesse al rallentamento di alcune attività industriali o al blocco totale di molte altre, con conseguente crisi degli sbocchi a valle del trattamento; i rischi di progressiva saturazione degli stoccaggi di impianti di selezione, di riciclo e di termovalorizzazione si sono andati a sommare ai cronici squilibri territoriali della capacità impiantistica.
Questi rischi sono stati in parte scongiurati con la circolare del MATTM di marzo 2020 che ha invitato le Regioni a prevedere deroghe straordinarie alle capacità di stoccaggio degli impianti autorizzati, a cui hanno fatto seguito diverse delibere regionali in tal senso.
Gli impianti di selezione, riciclo e termovalorizzazione sono rimasti tutti operativi a pieno regime anche durante il lockdown, superando le criticità connesse con la movimentazione dei materiali per limitare il rischio di contagio tra gli operatori. Molti impianti per ovviare a tali problematiche hanno aumentato il numero dei turni di lavoro diminuendo la durata degli stessi. Questa necessaria modifica gestionale ha però avuto riflessi anche sulla qualità dei prodotti selezionati, in particolar modo nella filiera degli imballaggi in plastica. Nei mesi di maggio e giugno, a seguito di un parziale ripristino delle condizioni operative standard, tale problematica è rientrata, con un netto miglioramento degli standard qualitativi e un aumento dei quantitativi di prodotti selezionati avviati a riciclo. I problemi di trattamento che si sono registrati all'inizio dell'emergenza sanitaria sembrano, quindi, superati; infatti solo il 21% del campione dichiara di riscontrare ancora criticità legate per lo più alla riduzione dei flussi in ingresso.
Lo stesso segnale positivo arriva dai trasporti dei rifiuti raccolti e/o trattati sia all'interno dei confini nazionali che all'estero. Viene registrata ancora qualche difficoltà per il trasporto della plastica e degli PFU, per il conferimento della frazione organica e degli ingombranti al Sud Italia per indisponibilità di impianti ed emerge la necessità di nuovi stoccaggi per gli oli minerali rigenerati ma invenduti. In generale, però, tra settembre e ottobre la saturazione delle capacità dei siti di stoccaggio sembra riguardare un numero limitato di imprese e consorzi del campione intervistato: per il 48% le capacità di stoccaggio sono invariate rispetto allo stesso periodo del 2019 e per il 30% sono addirittura inferiori (Figura 5).
Il rischio saturazione è segnalato soprattutto dalla filiera del riciclo del legno, dove gli elevati livelli di stoccaggio ancora presenti non consentirebbero di assorbire nel breve tempo eventuali picchi di offerta di scarti legnosi. Le piattaforme di ritiro territoriali, invece, rilevano equilibri tra flussi in ingresso e flussi in uscita e i loro stoccaggi, salvo sporadici casi, risultano nelle medie stagionali. Il rischio saturazione si sta invece riducendo, con gli stoccaggi che si riallineano ai valori del 2019 per la raccolta dei RAEE del Raggruppamento R5 e degli oli minerali usati.
Dal lato opposto, la riduzione degli stoccaggi rispetto al 2019 è segnalata sia dalle imprese che stanno lavorando al di sotto della piena capacità produttiva per ovviare alla mancanza di richieste da parte dei clienti, sia da impianti che trovano maggiore accesso allo smaltimento finale dei propri scarti. Questo è il caso degli stoccaggi degli scarti degli impianti di selezione degli imballaggi in plastica, che si sono ridotti di circa il 12% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, principalmente grazie ad una maggiore disponibilità di accesso a termovalorizzatori e cementifici. La nuova disponibilità è legata alla riduzione della domanda dal comparto industriale che smaltisce gli scarti negli stessi impianti. Si deve però segnalare che la riduzione degli stoccaggi non vale per tutta la filiera. In proposito diversi riciclatori di rifiuti in plastica, soprattutto quelli che riciclano rifiuti a più basso valore aggiunto (LDPE, PP, misto di poliolefine, ecc.), hanno stoccaggi di MPS decisamente superiori allo stock fisiologico perché hanno supportato il ritiro dei rifiuti nei mesi precedenti quando la domanda era praticamente azzerata.
Da ultimo, è stato segnalato da diverse imprese l'accumulo, da metà anno, presso i gommisti o altri punti di generazione, di significative quantità di pneumatici fuori uso, per mancati o ritardati ritiri. Tale situazione si era verificata già in passato verso la fine dell'anno, per una probabile sfasatura tra obiettivi, risorse disponibili e quantitativi effettivamente presenti nei punti di raccolta; ma quest'anno si è presentata in anticipo creando apprensione tra gli operatori, sia gommisti che impianti di riciclo finali. Un fattore che può aver inciso negativamente è la previsione contenuta nell'art. 4-ter del DL 8 aprile 2020, n. 23, secondo cui, alla luce della situazione emergenziale derivante dalla pandemia di COVID-19 e delle misure adottate per contenerla, gli obiettivi di gestione di quantitativi di pneumatici fuori uso, prima su base annuale, sono stati parametrati al biennio 2020-2021.

Il mercato delle materie prime seconde
Per i Consorzi e le imprese intervistate la priorità nei mesi di emergenza e nei successivi è stata quella di garantire il ritiro dei rifiuti su tutto il territorio nazionale e continuare ad avviarli a riciclo cercando di evitare la saturazione degli impianti e crisi del sistema. Complessivamente CONAI stima di chiudere il 2020 con percentuali di imballaggi avviati a riciclo in linea con quelle del 2019 (circa il 71% di riciclo rispetto all'immesso al consumo), ma prevede un calo delle quantità avviate a riciclo del 6% a causa delle contrazioni dell'immesso al consumo (Figura 6).
La situazione del mercato delle Materie Prime Seconde (MPS) durante il lockdown e i mesi successivi è eterogenea da filiera a filiera e collegata all'effettiva domanda di materiale da riciclo e all'operatività o meno dei settori applicativi a valle nella fase acuta. Rispetto alla filiera dei rottami d'alluminio e acciaio, si evidenzia come l'approvazione dei vari DPCM e fattori esogeni legati al contagio abbiano comportato inizialmente la chiusura di alcuni impianti di riciclo, rendendo necessari interventi di riallocazione del rottame sui pochi impianti aperti, con un aggravio dei costi di logistica.
Analoga situazione per la filiera di riciclo del materiale legnoso, con i pennellifici non tutti operativi e il venir meno dello sbocco del comparto del legno e dell'arredo.
Il riciclo degli imballaggi in carta e cartone è proseguito con gli impianti di selezione e le cartiere tutte operative e funzionanti, consentendo così l'avvio a riciclo dei maceri, ferma restando la preoccupazione a fronte di un flusso in ingresso in calo per il venir meno dei rifiuti cellulosici da attività produttive. Ne sono derivati rincari di tutte le tipologie di carta da riciclare tra marzo e aprile mediamente pari a 20-25 €/t, con punte di oltre 35 €/t per le qualità di contenitori ondulati a fronte della stazionarietà delle quotazioni delle carte, come documentato dalla Camera di Commercio di Milano Monza Brianza e Lodi. Più accentuate le variazioni tra i due mesi evidenziate dalla stampa specializzata internazionale (Figura 7).
Quanto alla plastica riciclata, si è registrato un calo delle spedizioni all'interno del territorio nazionale e la sospensione di una quota significativa di export nel primo periodo dell'emergenza per effetto delle difficoltà dovute ai blocchi nella logistica internazionale, mentre la plastica riciclata destinata all'industria italiana ha visto in una prima fase molto attivo il comparto degli usi alimentari, ma contestualmente fermi i comparti del giocattolo e dell'arredo urbano e dell'edilizia, tra i principali destinatari dei materiali riciclati.
Tutta la filiera collegata a utilizzatori finali operanti nell'alimentare che utilizzano materie prime seconde di plastica ha avuto necessità di approvvigionamenti. Nella situazione contingente è stata forte la domanda per alcune merceologie (ad es. acqua in bottiglia, detergenti, frutta e verdura in vaschetta, tessuto non tessuto, ecc.). A fronte di ciò diversi riciclatori si sono trovati nella condizione di discreti ordini e approvvigionamento insufficiente per la confluenza di logistica rallentata (in particolar modo con clienti esteri) e di selezione meno efficiente (per i problemi di spazio e operatività dei centri di selezione).
Di tutt'altro segno i mercati non connessi ai comparti alimentare e sanitario e sottoposti a lockdown. Questi già subivano una condizione di domanda debole prima della crisi; il blocco dei comparti utilizzatori (su tutti automobilistico e costruzioni) ha di fatto azzerato la domanda. A peggiorare ulteriormente lo scenario, la concorrenza ravvicinata dei polimeri vergini (i cui prezzi hanno fatto registrare minimi storici) in comparti in cui, a differenza di alcune applicazioni del PET, la scelta del riciclato non è una scelta strategica di posizionamento, ma un mero compromesso economico.
Queste difficoltà sono evidenziate anche da un'indagine condotta dal Consorzio CARPI a giugno, secondo la quale tra i principali cambiamenti riscontrati dalle aziende che si occupano del recupero e del riciclo dei rifiuti provenienti da superficie privata vi è un calo delle spedizioni all'interno del territorio nazionale (riscontrato dal 75% degli intervistati) e difficoltà di sbocco dei materiali riciclati (rilevato dal 53% degli intervistati). Sulla filiera dei rottami di vetro, le vetrerie sono rimaste tutte operative nonostante il rischio palesatosi all'inizio del lockdown di possibili interruzioni dell'attività per effetto del venir meno di importanti sbocchi commerciali dei settori utilizzatori (export di vino in primis).
Le maggiori criticità si sono poi registrate nella gestione degli scarti dei rifiuti di imballaggio in plastica (frazioni non riciclabili e frazioni estranee conferite con la raccolta differenziata).
La criticità è scaturita dalla riduzione degli sbocchi esteri (chiusure e rallentamenti doganali) e da quelli nazionali per via del blocco del settore edile (per i destini a cementifici). Di conseguenza è stato necessario ricorrere a nuovi fornitori di servizi di gestione, per lo più italiani e gestori di discariche, con costi decisamente più elevati (in media +20%). A partire dalla seconda metà di aprile, la chiusura di diversi settori industriali per il lockdown ha fatto sì che in Italia venissero prodotti meno rifiuti industriali e di conseguenza si è registrata una maggiore disponibilità ad accogliere gli scarti da parte di impianti pubblici o gestiti da multiutility, tuttavia non sufficienti ad arginare la necessità di utilizzare discariche soprattutto nelle Regioni italiane che dal punto di vista degli impianti sono sotto dimensionate.
Nel periodo del lockdown si sono inoltre rilevati: un calo di circa il 60% della vendita della plastica riciclata e dei metalli ferrosi da RAEE; un calo in aprile di circa il 30% rispetto alla media dello stesso periodo negli anni precedenti della vendita di granulo e polverino da PFU; un fermo della vendita di rifiuti di abbigliamento da raccolta differenziata; una diminuzione di circa il 60% (marzo) e dell'80% (aprile) della vendita di rifiuti da C&D e dell'80% delle vendite dei materiali derivanti dalla demolizione dei veicoli a fine vita.
Tra settembre e ottobre il mercato delle MPS sembra tornato ad una situazione di normalità almeno per il 69% degli intervistati che non riscontrano difficoltà nella vendita delle MPS (Figura 8). Questa crisi ha determinato, da un lato, una minore richiesta di MPS in alcuni settori tradizionali di utilizzo (come l'alluminio riciclato nel settore dell'automotive) e, dall'altro, una maggiore competizione da parte delle materie prime vergini per il crollo dei loro prezzi (nel caso della plastica riciclata, del granulo da PFU, dei solventi e degli oli minerali rigenerati).

Le soluzioni per uscire dalla crisi
Le soluzioni messe in campo in questi mesi dagli operatori della gestione e riciclo dei rifiuti per superare la crisi sono diverse. Per compensare i minori quantitativi di rifiuti gestiti e/o la riduzione dei quantitativi di materie prime seconde vendute, le imprese stanno principalmente cercando di contenere i costi diretti e individuare nuovi clienti/utilizzatori su nuovi mercati. Questo avviene attraverso la diversificazione dell'offerta e delle politiche commerciali, il ricorso alla partnership con i clienti/utilizzatori creata nel corso degli anni, la fornitura di supporto alla logistica dei clienti/utilizzatori, il monitoraggio delle giacenze e la sensibilizzazione verso i decisori politici.
Per venire incontro ai produttori soggetti all'EPR alcuni Consorzi hanno concesso la dilazione del pagamento del contributo ambientale o la sua rimodulazione, altri Consorzi, invece, stanno cercando di stimolare la raccolta differenziata attraverso l'aumento dei corrispettivi ai Comuni.
Il 45% dei soggetti intervistati mostra una sostanziale soddisfazione per le misure messe in campo dal Governo per il sostegno economico e finanziario delle imprese, il 35% le ritiene efficaci solo in parte, mentre il 20% si dichiara insoddisfatto (Figura 9).
Per stimolare il riciclo e l'economia circolare del settore dei rifiuti la gran parte dei soggetti intervistati chiede una semplificazione normativa/burocratica e un'accelerazione dei processi autorizzativi. L'emergenza ha evidenziato alcune carenze di dotazione impiantistica in alcune zone del Paese, al Centro e al Sud Italia, ed anche la necessità di nuove tecnologie di riciclo per alcune tipologie di rifiuti (plastiche miste, alcuni RAEE). L'esigenza di stimolo alla crescita della capacità impiantistica è particolarmente sentita, nelle zone segnalate, dal settore del riciclo della frazione organica.

Le richieste principali emerse dall'indagine sono:
1. l'emanazione dei decreti EoW per le tipologie di rifiuti ancora in sospeso;
2. il sostegno al mercato delle materie prime seconde, per esempio attraverso delle leve economiche per il loro inserimento nella realizzazione dei nuovi prodotti;
3. l'ampliamento dei CAM;
4. la riduzione dell'aliquota IVA per i prodotti riciclati;
5. maggiori controlli sugli adempimenti delle imprese e sulle piattaforme di vendita online;
6. la semplificazione del processo per la richiesta del credito di imposta per i costi sostenuti a causa della pandemia, accordando un arco temporale maggiore;
7. un contributo a fondo perduto da erogare ai Comuni per coprire i servizi e/o le tasse locali non pagate dalle imprese e dalle famiglie in difficoltà;
8. lo snellimento della burocrazia. n

Le presenti informazioni sono state tratte da "L'Italia del Riciclo 2020" realizzato dalla "Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile" e da "Fise Unicircular" con il patrocinio del "Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare" e dell'"Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA".